CRUELTY FREE

COSA DICONO LE LEGGI?

Apparentemente la definizione di cruelty free è semplice: prodotti non testati sugli animali.

Eppure dietro questa definizione si nascondono molte insidie che ogni consumatrice deve tenere bene a mente nell’acquisto di prodotti di cosmetica e make-up. Non solo infatti le leggi cambiano tra Unione Europea e Paesi extra UE, ma nell’UE stessa è bene fare alcune distinzioni fondamentali per essere certi di fare acquisti consapevoli.

Cruelty free make-up e cosmesi in UE

La norma comunitaria 92/32/CEE prescrive che ogni nuova sostanza chimica impiegata dall’industria, anche quella cosmetica, debba essere esaminata attraverso specifici test sugli animali.

Nel caso specifico dell’industria cosmetica, la norma 76/768/CEE obbliga le aziende a testare sugli animali i singoli ingredienti presenti nei prodotti.

Queste normative hanno fatto sì che venisse redatta una lista, denominata Positive List, contenente tutti gli ingredienti che sono già stati testati, evitando così di doverli ripetere a discapito di altre vite animali.

Il Regolamento 1223/2009 dell’Unione Europea

In soccorso di cosmetici cruelty free arriva nel 2013 il Regolamento 1223/2009 dell’Unione Europea, che ha vietato qualsiasi sperimentazione di cosmetici sugli animali in tutta Europa.

“La persona responsabile può indicare sulla confezione del prodotto o su qualsiasi documento, foglio di istruzioni, etichetta, fascetta o cartellino che accompagna o si riferisce a tale prodotto cosmetico che quest’ultimo è stato sviluppato senza fare ricorso alla sperimentazione animale, solo a condizione che il fabbricante e i suoi fornitori non abbiano effettuato o commissionato sperimentazioni animali sul prodotto cosmetico finito, sul suo prototipo, né su alcun suo ingrediente e che non abbiano usato ingredienti sottoposti da terzi a sperimentazioni animali al fine di ottenere nuovi prodotti cosmetici.”

L’articolo 18 del Regolamento stabilisce inoltre il marketing ban a favore dei cosmetici cruelty free. Proibisce cioè di importare nel territorio della Comunità Europea ingredienti e prodotti finiti il cui processo formulativo e produttivo includa esperimenti sugli animali.

Prodotti cruelty free

Questo vuol dire che tutti i prodotti cosmetici e di make-up che troviamo sugli scaffali nell’Unione Europea sono cruelty free? Purtroppo no.

Il regolamento dice infatti che i prodotti non possono essere testati sugli animali solo se sviluppati per “ottenere nuovi prodotti cosmetici”. Questo implica che una o più componenti dei prodotti potrebbero essere state testate sugli animali per un utilizzo diverso, e poi sono state inserite all’interno di un prodotto cosmetico o di make-up.

Inoltre sono esentati dal Regolamento 1223/2009 tutti i detersivi e i prodotti per la casa.

Come fare allora a distinguere i prodotti cruelty free? Possiamo fare affidamento sul marchio cruelty free (il coniglietto che salta) che viene rilasciato solo ai brand che non solo non svolgono test sugli animali, ma non utilizzano neanche ingredienti e/o prodotti nati prima del 2013 e che all’epoca avevano subito test sugli animali.

Cruelty free nel resto del mondo

Come si muovono i Paesi extra europei nei confronti del cruelty free? Quanta attenzione c’è su questo tema nel resto del mondo?

Analizzando i due principali mercati di make-up e cosmesi extraeuropei, cioè la Cina e gli USA, troviamo leggi diverse, ma con una tendenza (molto recente) al volgere l’attenzione ai nostri amici animali.

Test sugli animali in Cina e cruelty free

Nel 2012 in Cina è stata approvata una legge che dichiarava che i cosmetici venduti in Cina dovevano essere necessariamente testati sugli animali prima di entrare in commercio.

Anche ingredienti o prodotti già testati in precedenza sugli animali dovevano quindi ripetere il test, con un’evidente noncuranza delle vite animali.

Le aziende a quel punto hanno dovuto scegliere se chiudere le porte al mercato cinese oppure rinunciare al marchio cruelty free e continuare a vendere in uno dei Paesi più redditizi del mondo nel settore cosmesi/make-up.

Fortunatamente negli anni le leggi stanno cambiando, ma per capire in che modo, è importante fare prima una distinzione su come vengono classificati in Cina i cosmetici: cosmetici per uso speciale e cosmetici per uso non speciale. I cosmetici per uso speciale sono prodotti come: le tinte per capelli, le creme solari, i prodotti sbiancanti, i prodotti anticaduta per capelli e i cosmetici che propongono una nuova efficacia. I cosmetici per uso non speciale, chiamati solitamente “cosmetici ordinari”, sono tutti gli altri prodotti: trucchi, prodotti per la cura della pelle, prodotti per i capelli, smalto per unghie e profumi.

Le modifiche alle leggi cinesi sui test sugli animali si applicano solo ai cosmetici ordinari.

Nel 2014 la Cina ha infatti aggiornato le leggi, per cui i cosmetici per usi non speciali di fabbricazione nazionale potevano essere esentati dalla sperimentazione se fossero stati ritenuti affidabili.

Il primo gennaio 2021 inoltre la Cina ha apportato ulteriori modifiche alle leggi sulla sperimentazione animale, revocando alcuni test obbligatori per alcuni cosmetici.

A quanto sembra, non è facile ottenere le certificazioni che permettono di evitare la sperimentazione animale per vendere in Cina, per cui la strada verso il cruelty free in questo Paese è ancora molto lontana, ma il fatto che l’attenzione sul tema stia aumentando lascia ben sperare.

Cruelty free negli USA

Negli Stati Uniti, dal 2019 esiste la legge federale Humane Cosmetics Act, legislazione che proibisce i test sugli animali e la vendita di cosmetici testati sugli animali. L’anno successivo, le leggi relative al divieto sono entrate in vigore in California, Illinois e Nevada e a seguire in altri Stati, in tutto sei.

Nell’ottobre 2021 inoltre due senatori degli Stati Uniti hanno annunciato la presentazione di una nuova legge, “l’FDA Modernization Act” che ha lo scopo di eliminare l’obbligo di test su animali anche per i nuovi farmaci.

Un percorso lungo e sicuramente non facile, che sembra però andare nella giusta direzione.

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